"Il nostro tempo è considerato da alcuni pensatori moderni, l’epoca in cui si è perso il discernimento, cioè la capacità di giudicare rettamente, in quanto la memoria sembra non servire più. Negli ultimi anni però c’è un recupero della memoria in quanto essa è considerata il tempo dell’identità: è ciò che siamo e soprattutto ciò che potremmo diventare. I comportamenti prendono senso solo in relazione alla nostra coscienza". Analisi fisolofica, riflessione, sul "nostro tempo" da parte del Ricercatore Universitario Antonio De Feo, anche Segretario del circolo PD di Serino "E. Berlinguer". "Il filosofo Aldo Masullo ha recentemente ricordato che l’economia contemporanea ha prodotto, fino ad ora, una società dell’economia “dei tre senza”: senza discernimento, senza memoria e senza coscienza. In particolare la finanza ha messo l’economia fuori dal tempo e fuori dallo spazio (tempo della vita, mercato del tempo). Riportare l’economia nell’alveo della realtà e consentirgli di dialogare con l’uomo concreto e reale, significa che essa debba parlare agli esseri umani in carne ed ossa, a esseri umani che non sono riconducibili alle mere maschere sociali che indossano per vivere, ma a coloro che posseggono altre identità che pulsano dentro, al di là della razionalità loro imposta dallo stare al modo, a coloro che hanno bisogni acquitrinosi, indecenti, che urlano per ottenere soddisfazione. Oggi, più che in passato, emerge forte una domanda sulla felicità, che diventa un obiettivo anche dell’economia moderna, se vuole mettersi al servizio del bene della persona. McIntyre definisce l’eudaimonia come la condizione dello stare bene e dell’agire stando bene, legandola alla dimensione etica e quindi comportamentale, all’azione, all’attività dell’uomo. Si comprende allora perché l’economista Luigino Bruni, richiamando l’Etica Nicomachea di Aristotele, ricorda che il fine della politica è la felicità, in quanto essa è il mezzo per formare cittadini liberi. Siccome solo l’uomo libero è felice, la felicità è un frutto indiretto della vita virtuosa. De Feo continua spiegando: Le ricerche più recenti mostrano, dunque, che la perdita della felicità, il suo declino, è strettamente legata al peggioramento delle relazioni intime e sociali. L’aumento di reddito, nei paesi occidentali, ha prodotto un aumento della percezione della felicità, ma ha anche, a lungo andare, avuto un impatto negativo, in quanto si è consumato il declino delle relazioni. Secondo Bartolini, gli indicatori segnalano un aumento della solitudine, delle difficoltà di comunicare, della paura, del senso di isolamento, della diffidenza, dell’instabilità delle famiglie, delle fratture generazionali, una diminuzione della solidarietà e dell’onestà, della partecipazione sociale e civica, un peggioramento del clima sociale. Di fronte a queste sfide, crescenti e impellenti, anche l’economia si è messa a cercare la felicità con l’aiuto di metodi economici e statistici, cercando di misurarla con appositi metodi messi a punto attraverso l’ausilio di altre scienze. Frey e Frey Marti ricordano il metodo di valutazione soggettiva, che consente di misurare la soddisfazione su larga scala a un campione rappresentativo, oppure la valutazione fisiologica e obiettiva, che proviene dalle neuroscienze, che permette di misurare dei flussi cerebrali, come due metodi capaci di dire qualcosa alla scienza economica nell’elaborazione delle sue teorie. Ciò che è importante è la definizione di un indicatore speciale della felicità, che sembra interessi sempre più chi vuole capire meglio e molto delle persone reali e concrete. Questo, però, deve evitare di consegnare una definizione preconfezionata di felicità da dare alla gente il cui compito, poi, sarebbe quello di accettare questa offerta e tradurla nella pratica della vita quotidiana. Occorre invece cercare di mettere in luce, con gli strumenti che la teoria economica e sociale offrono, gli effetti non intenzionali che azioni, orientate intenzionalmente verso l’ottimizzazione delle variabili tipicamente economiche, verso ciò che pensiamo essere il nostro ben-essere, producono nell’area della felicità. Il pensiero di De Feo va a chiudere: Tutto ciò è possibile solo se la felicità incorpora un elemento di gratuità, di apertura sincera e non strumentale all’altro, che non può essere catturato all’interno di un rapporto che sia solo di mezzi e fini. Questa felicità può tradursi concretamente attraverso un approccio circolare e dialogico, che abbandona la verticalità e il mero profitto e traduce l’agire umano in un’azione continuata nel tempo capace di attivare un paniere di valori condivisi, attraverso i quali è possibile sperimentare un’economia di comunione, proprio perché circolare".

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