Le Elezioni Politiche del 4 marzo hanno determinato la fine del PD (vai a rifondarlo ora) e la caduta in fondo al pozzo di Matteo Renzi, l'uomo che non avrebbe mai consentito ai "vecchi" di portare il PD al 25%; ecco, lui lo ha portato al 18 ed in Campania ed in Irpinia, grazie al "contributo" delle grandi menti locali addirittura intorno al 15; l'uomo, del mai con Casini, del mai al Governo senza l'investitura popolare (sappiamo come è andata per i suoi 1000 giorni), della rottamazione; ebbene, si è rottomatato da solo ed ora non ha neanche una "utilitaria", i dem sono allo "scasso". Dopo il "disatro", cosa accade? Annuncia le dimissioni da Segretario nazionale del PD (cosa alla uale non pensava, in nessun caso, diceva qualche giorno fa) ma postdatate. Opzione che sarebbe anche giusta, se il soggetto in questione non avesse quei "precedenti". Gestire questa fase è un onere, un fardello che deve toccare a chi ha "cacciato" il PD in questo psicodramma ma non con l'annuncio di dimissioni da firmare in seguito. Quale "strategia" politica c'è dietro? A noi viene da pensare che dimettendosi con esecutività immediata la gestione delle "Consultazioni" con il Capo dello Stato Sergio Mattarella, per la formazione del nuovo Governo sarebbe passata a Maurizio Martina, vicesegretario ma soprattutto "autore" della mozione congressuale che "abbinata" a quella del toscano portò alla vittoria, numero 2 dell'ex Sindaco di Firenze, nel Congresso dello scorso anno, 30 Aprile. Riteniamo che sarebbe toccato o toccherebbe a Martina in quanto politicamente più credibile o affidabile di Matteo Orfini oltre che dello stesso attuale Segretario a "tempo determinato", Presidente dell'Assemblea nazionale, il quale però (oltre ad avere un "nome nefasto" per i dem) da "Giovane Turco" sembra essere diventato troppo "filorenziano". Martina, ex DS, sostenuto dall'area post comunista e socialista avrebbe avuto o avrebbe una linea molto diversa nel "consigliare" ipotesi di Primo Ministro ed alleanze.

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