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POLITICA  -  PARTITO RIFONDAZIONE COMUNISTA
Caputo: 30 anni di Rifondazione comunista in un Paese senza sinistra Resistenza
17 DICEMBRE 2021 - Ore 18:12

Luigi Caputo, Partito della Rifondazione Comunista - Comitato Politico Regionale Campania:  "Questo 2021 che volge al termine è stato un anno di  importanti anniversari per i comunisti e per la sinistra italiana: il centenario della fondazione del Partito Comunista e il trentennale della nascita di Rifondazione Comunista. Il PCd'I (come si denominò inizialmente) vedeva la luce in una temperie  tremenda, segnata dai sanguinosi esordi dello squadrismo fascista, ma era sorretto dalla convinzione di avere il vento della storia alle proprie spalle, il vento dell'Ottobre sovietico. Rifondazione Comunista nasce, nel dicembre 1991 (con il congresso di Roma, che segna il passaggio da movimento a partito), in un contesto ostile, quando un ciclo epocale volge al termine, in un orizzonte di disincanto e di soccombenza del movimento operaio al cospetto del capitalismo trionfante e di anticomunismo forsennato. Una fase in cui la scelta di dar vita a una "cosa" nuova viene spiegata dalla classe dirigente liquidazionista del PCI con un implicito riferimento ad  esigenze di adeguamento alla realtà. Ecco, è precisamente questo il presupposto su cui nasce il PRC: la volontà di ricusare qualsiasi forma di ripiegamento o di passivo appiattimento sull'esistente, nella consapevolezza che, come ebbe allora ad affermare Lucio Libertini, "in discussione non era un nome, ma, con un nome,  una identità culturale e politica", e che (come abbiamo scritto nel documento del nostro recente congesso nazionale) l'esito ultimo di quel processo dopo 30 anni si riassume in un dato semplice e sconfortante al tempo  stesso: l'Italia, unico Paese dell'Europa occidentale, è divenuto, nella sostanza, un Paese senza sinistra. Ciò anche a costo, per adoperare un'espressione ormai divenuta familiare, di andare "in direzione ostinata e contraria". Non fu una espressione di conservatorismo o di nostalgia (sentimento, peraltro, rispettabile, e non necessariamente regressivo), quella del '91. Tutt'altro. Si trattò invece di una scelta di anticonformismo, di libertà, di  esercizio critico anche nei confronti della storia del comunismo, e nel contempo  una forma di resistenza in primo luogo culturale. "Si riparte sempre da una resistenza", è stato detto. E quella di Rifondazione è stata, fin dall'inizio, una resistenza all'aggressivita' del neoliberismo, all'ideologia  della fine delle ideologie,  alla rivoluzione passiva della cosiddetta "Seconda Repubblica", all'atrofia e all'omologazione del pensiero, a quella immane dissipazione di esperienze e di cultura politica che ha significato la fine del PCI e, con esso, di uno  straordinario giacimento di passione civile: un tentativo di contrastare  la  desertificazione in cui, in assenza di un atto forte  di segno contrario, rischiavano di precipitare la Sinistra e l'intero movimento operaio. Oggi, a trent'anni di distanza, e dopo una serie di complesse vicende sfociate, tra l'altro, nell'estromissione del PRC dal Parlamento, si dovrebbe concludere che quella sfida è stata sconfitta?  Sarà la storia a stabilirlo, con i suoi tempi e le sue forme. Non è retorica. Retorica - della più sbagliata - è invece attribuire ad essa  la funzione di tribunale che dispensa assoluzioni e condanne, distribuisce torti e ragioni. Perciò, quando affermiamo che sarà la storia a sancirlo, intendiamo dire che l'esito di quella sfida iniziatasi nel 1991 è più che mai aperto. Ciò che conta, è esserci, nell'agone della storia, svolgere la  propria parte  fino in fondo, contribuire ad orientare il corso degli eventi e a conferire senso agli stessi. Se serve anche testimoniare. E noi pensiamo, in verità, di essere stati, in questo trentennio, parte attiva delle vicende di questo Paese, fattore di trasformazione sociale e nel contempo sua coscienza critica. Lo siamo stati in un tornante difficilissimo, provando ad arginare le derive più insidiose dell'incipiente "Seconda Repubblica",  contrastando il berlusconismo in primo luogo sul piano sociale, mettendo  in discussione il pensiero unico del mercato e il nuovo arco costituzionale aggregatosi intorno ad esso,  tenendo  accesa la fiaccola della classe operaia nel momento in cui la teoria della fine del lavoro dipendente diveniva senso comune, partecipando da protagonisti  alla stagione  dei grandi  movimenti che hanno segnato il passaggio del secolo, da quello per la pace  alle gloriose e tragiche giornate di Genova. Forse (anzi sicuramente) per resistere nel periodo di riflusso che ne è seguito, sarebbe stato necessario un organismo più robusto e strutturato, con solidi ancoraggi nei  territori e nelle organizzazioni di massa, a partire dal sindacato, e in grado di sottrarsi alla trappola della partecipazione al fallimentare e debole governo dell'Unione. Forse siamo stati a tratti anche noi, per dirla con Gramsci, espressione della "dissoluzione italiana", all'interno di una transizione infinita che sembra ormai essere divenuta un elemento costitutivo del sistema politico. E tuttavia, nonostante limiti, carenze ed errori, nonostante le troppe scissioni (quasi tutte, e non a caso, avvenute a destra), Rifondazione Comunista, non è stata e non sarà un'effimera meteora nel firmamento politico del Paese o, come qualcuno vorrebbe, la  pallida  proiezione  nel presente di un mondo ormai superato e concluso. L'attuale contesto politico, caratterizzato da un governo delle "larghe intese" ancora una volta a guida tecnica, un esecutivo nato con il dichiarato proposito di sterilizzare ogni forma di conflitto sociale e che sta rivelando ogni giorno che passa la sua natura classista e antiproletaria, mentre le destre reazionarie accumulano forze  per tornare da sole al governo, richiede un di più di opposizione e di esercizio critico. Rifondazione Comunista c'è e farà la sua parte, in Italia come in provincia di Avellino".

 



Comunicato - Avellino - 17 DICEMBRE 2021 - Ore 18:12






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