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SINDACATI  -  ACLI
Cucciniello, ACLI: Celebriamo il Primo Maggio contro tutte le guerre
30 APRILE 2022 - Ore 14:12

Alfredo Cucciniello, Presidente provinciale delle ACLI di Avellino A.P.S.: Pace, lavoro e dignità: con queste tre parole le ACLI chiamano a raccolta la cittadinanza e tutti i loro associati in occasione del Primo Maggio, affiancando nelle Piazze i Sindacati e il loro impegno a promuovere, difendere e tutelare il lavoro.

PACE Con la crudeltà dell’invasione russa, la tragedia della guerra in Ucraina e della sempre più estesa “guerra mondiale a pezzi” è giunta a sconvolgere le esistenze di tutti, anche laddove ci si era dimenticati della guerra perché mai vissuta da vicino.

Celebriamo questo Primo Maggio senza “se” e senza “ma”, contro questa invasione che non ha alcun alibi, nonostante i tanti errori e le responsabilità internazionali. Celebriamo il Primo Maggio contro tutte le guerre, reclamando, solidali con le vittime, che tornino in campo la politica e la diplomazia: non la politica miope, dominata da interessi economici e nazionali, ma una politica alta, che fermi l’escalation delle armi e del riarmo con la forza della legalità e ritessendo la comunità internazionale e l’azione sul campo delle sue istituzioni.

Celebriamo il Primo Maggio, richiamando il messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale della pace. L’universalizzazione del lavoro, definito costituzionalmente come diritto e dovere, insieme all’educazione e al dialogo tra le generazioni, sono i presupposti per sradicare nei popoli la guerra e la diffusa esigenza delle nostre democrazie di aver bisogno senza tanti scrupoli di avere dittature. Come è avvenuto per la Russia di Putin e come ancora avviene con la Turchia, con la Libia, con l’Arabia Saudita, l’Egitto e altri Paesi ai quali mandiamo e vendiamo armi, anche quando essi sono palesemente in conflitto, chiaramente aggressori e in violazione dei più elementari diritti umani.

DIGNITA’  - INNANZITUTTO RISCATTARE UN’ESISTENZA LIBERA E DIGNITOSA

La nostra Costituzione fonda la democrazia sul lavoro di ogni persona, chiamata a “concorrere al progresso materiale e spirituale della società” (art. 4). Essa, all’art. 36 sulle retribuzioni, ci rammenta che ogni lavoro deve “assicurare un’esistenza libera e dignitosa”. Questi assunti, in un momento di tragica escalation globale sul piano bellico e sul piano economico, sociale ed ambientale, devono portare a guardare alle situazioni già in profonda sofferenza e precarietà dei diritti umani e sociali. Un disagio particolare emerge per le giovani generazioni, che per prime nella storia vedono vacillare molte conquiste, non solo in termini di sicurezza economica, e per le quali il futuro pare sempre più incerto e minaccioso.

In particolare, evidenziamo alcune urgenze:

  • Un piano Marshall per e con l’Africa, i Paesi poveri e per chi fugge da guerre e povertà

Le richieste delle Ong per salvare il pianeta e rispettare gli impegni con i Paesi più poveri diventano ancora più pressanti. Serve un nuovo piano Marshall di co-sviluppo da finanziare iniziando a varare seriamente, ed estendendo sul piano internazionale, la cooperazione rafforzata europea sulla Tassa sulle Transazioni Finanziarie, a scapito della grande speculazione.

  • Riscattare il lavoro dalla schiavitù del sommerso e dell’economia criminale

Contrariamente a quanto si pensa, l’economia reale porta in pancia un partner spesso essenziale, fatto di economia sommersa, se non addirittura criminale. Le dimensioni stesse dell’evasione piuttosto che la diffusione del lavoro nero o grigio dovrebbero far riflettere su quanto all’interno di molte filiere produttive vi siano forti connessioni con l’illegalità. In molti contesti la sospensione della legalità è spesso la norma. Occorre allora una capacità coordinata di intervento delle istituzioni e della società civile, una presenza della legalità che si fa giustizia e riscatto sociale.

 

  • Dare mercato all’inclusione lavorativa delle persone con maggiori fragilità

Deve essere messa in cantiere l’inclusione lavorativa delle persone con maggiori fragilità: gli investimenti mobilitati dal PNRR siano accompagnati da una “clausola sociale” che vincoli l’indotto pubblico a dare spazio a progetti di imprenditorialità sociale e d’inserimento lavorativo da avviare con co-progettazioni realizzate insieme al Terzo Settore, ai Comuni e alle comunità locali

  • Sicurezza e sviluppo sostenibile: cominciamo dalla formazione

I dati acquisiti da diverse fonti sono portatori di una drammatica contabilità degli infortuni sul lavoro, delle morti, delle denunce di patologie di origine professionale. Ci troviamo di fronte ad una situazione di estrema gravità e complessità per la quale lepolitiche di prevenzione fin qui adottate evidenziano la propria inefficacia a contenere il fenomeno degli infortuni e delle tecnopatie nel nostro Paese. Ribadiamo che il diritto alla salute nell’ambito del lavoro è un diritto che va reclamato ed esercitato senza alcuna remora. I dati non forniscono solo numeri ma dicono di persone e famiglie coinvolte che impongono scelte e azioni concrete perché ogni evento rappresenta una sconfitta per l’intera società. Occorre strutturare in modo costante ed organico il coinvolgimento di tutta la rete di soggetti possibili per la diffusione capillare, attraverso una costante azione di formazione permanente, della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro, al fine di raggiungere una maggiore consapevolezza sia tra i datori di lavoro che tra i lavoratori, perché la sicurezza di tutti è responsabilità di ognuno e viceversa. La nostra proposta è quella di creare una nuova cultura della prevenzione, che deve accompagnare le aziende in un percorso virtuoso, anche con incentivi economici, in particolar modo per quelle imprese che investono in sicurezza

LAVORO – DA DIFENDERE E PROMUOVERE PER USCIRNE MIGLIORI

E’ sufficiente sopravvivere alla soglia della povertà assoluta e non rimanere vittima di infortuni per vivere un’esistenza libera e dignitosa? Non possiamo prefigurare delle vite al minimo dei diritti. La via italiana al salario minimo, imposto dal fondamentale traguardo del pilastro europeo dei diritti sociali, deve trovare urgentemente uno sbocco di alto profilo nella messa al bando dei contratti pirata e nel definire una volta per tutte un conteggio sulla rappresentanza dei lavoratori, che garantisca che pochi contratti nazionali, i più rappresentativi, e non i quasi mille di oggi, siano vincolanti per tutti.

L’impatto della pandemia su una drammatica crisi economica e sociale porta alcuni a pensare che non ci sia molto da festeggiare, specialmente per i milioni di persone che il lavoro l’hanno perso e per chi è stato colpito nei propri affetti; per chi è senza un lavoro; per chi, pur essendo occupato, si trova in condizioni di sfruttamento, di forte instabilità, di discriminazione come nel caso di molte donne,  di molti giovani e molti migranti; o di fronte a quanti, per il lavoro, hanno perso la vita. Senza dimenticare chi, nella scandalosa indifferenza delle nazioni, fugge da guerre e povertà per cercare lontano dalle sue radici un lavoro ed un futuro.

Eppure il Primo Maggio, soprattutto per queste persone e per essere solidali al lavoro di tante famiglie, ha ancora più valore perché fin dal secondo Ottocento, grazie a tante battaglie e rivendicazioni, spesso pagate col sangue- celebra ed evoca il riscatto dall’oppressione e rilancia le lotte per i diritti e la dignità. Il lavoro è un atto di coraggio quotidiano, personale e collettivo, soprattutto di chi lo cerca o tenta di non perderlo.

Il lavoro incarna e reclama una ripartenza che abbracci realmente tutti e permetta una profonda conversione non solo del sistema produttivo, ma ecologica, social e civile. Per questa ragione, per uscirne migliori, il coraggio del lavoro è il messaggio che vogliamo dare. La civiltà, e con essa il futuro di una comunità, si misurano da quanto rispondono alla domanda di giustizia delle sue parti più deboli e da quanto rispettano la loro dignità. Ripartire è possibile, ma dobbiamo farlo iniziando dalle fragilità rese ancora più evidenti dalla pandemia e dall’economia di guerra che si profila, perché in esse si specchiano tutte le contraddizioni e le sfide che siamo chiamati ad affrontare. Tante persone, famiglie o comunità già fortemente ai margini, nonostante non siano povere di innovazione e talenti, rischiano di vedere quasi azzerate o compromesse le possibilità di inclusione lavorativa ed economica che prima avevano.

Individuiamo alcune piste di lavoro urgenti:

Un’altra scuola è possibile ed indispensabile

Nonostante molti positivi investimenti, c’è l’urgenza di una profonda riforma della scuola secondaria di primo e secondo grado. Purtroppo, la quotidianità è centrata esclusivamente su lezioni frontali, e quasi per nulla su un tutoraggio personalizzato, su una attenzione educativa specifica per ogni studente. In questo senso, la formazione professionale deve essere complemento necessario e urgente dell’istruzione, tassello ineludibile per quella specializzazione che spesso manca.

Un piano B per un PNRR poco “sociale

Pur apprezzando quanto PNRR e Next Generation UE hanno messo in campo, occorre un piano B, di miglioramento:

  • Fare sistema sulle politiche attive

Si devono governare, misurare e pianificare strumenti come i tirocini extracurriculari, e regimentarne l’uso insieme alle parti sociali e ai soli operatori qualificati, e non limitarli a situazioni di esclusione sociale. Lo sforzo ingente nelle politiche attive deve prevedere un maggiore coinvolgimento del Terzo Settore, degli Enti di formazione professionale e dei Patronati, per realizzare delle Case del Lavoro, che attivino una piùampia azione di collocazione.

  • Un’economia che sia sociale

Nel PNRR il “sociale” è spesso interpretato solo in senso episodico ed emergenziale; meno come un investimento in una infrastruttura da mantenere anche quando finiscono le risorse, non solo perché giusta, ma in quanto precondizione dello sviluppo. Serve, specialmente sulle risorse che si rischia di non spendereoccorre mettere in campo progettualità straordinarie con il Terzo Settore. Inoltre, l’assenza quasi totale del tema dei migranti e del Mediterraneo nella visione dei piani europei e italiani segna una forte miopia che va sanata.

  • Unire tutti i territori e le aree geografiche

Serve una diversa visione del Paese, che unisca Nord e Sud, città e aree interne e non centrata solo sulle grandi aree urbane e che rimetta a tema le Province come enti chiamati a una programmazione di area vasta e a un’azione strategica.

  • Stop alla greed economy (economia dell’avidità): la ricchezza va distribuita

Ora che la guerra annuncia tempi duri per il costo della vita, nonché per il nostro export, diventa sempre più urgente distribuire e redistribuire ricchezza. Specialmente toccando la super ricchezza di pochissimi, innanzitutto con una vera tassazione dei redditi, di tutti i redditi, equa perché progressiva e “sartoriale”; su una riforma della finanza e accordi che mettano al bando paradisi fiscali, dumping fiscale ed evasione. Diversamente sarà recessione. Il lavoro non è solo impiego, ma è piuttosto la forma attraverso la quale si dovrebbe distribuire ricchezza in modo equo, che non equivale a uguale.

Su questi temi il nostro Governo deve trovare il coraggio di riforme sociali vere. Mentre l’Europa deve varare un nuovo patto di stabilità, che guardi alla stabilità delle nuove e future generazioni, che ridia trasparenza e responsabilità alla ricchezza, e rilanci investimenti e sviluppo.

 

 

 



Comunicato - Avellino - 30 APRILE 2022 - Ore 14:12






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